Qui
se laudari gaudet verbis subdolis,
fere
dat poenas turpi poenitentia.
Cum
de fenestra corvus raptum caseum
comesse
vellet, celsa residens arbore,
vulpes
hunc vidit, deinde sic coepit loqui:
«O
qui tuarum, corve, pennarum est nitor!
Quantum
decoris corpore et vultu geris!
Si
vocem haberes, nulla prior ales foret».
At
ille stultus, dum vult vocem ostendere,
emisit
ore caseum, quem celeriter
dolosa
vulpes avidis rapuit dentibus.
Tum
demum ingemuit corvi deceptus stupor.
Traduzione
Chi
gode di essere lodato con parole ingannatrici prima o poi paga il fio con un
pentimento umiliante. Mentre un corvo voleva mangiare un pezzo di formaggio
rubato da una finestra, appollaiato su di un alto albero, una volpe lo vide e
cominciò a parlare così: «O corvo! Qual è lo splendore delle tue penne!
Quanta bellezza riveli nel corpo e nell’espressione del volto! Se avessi la
voce nessun uccello sarebbe superiore a te». Ma quello sciocco, mentre voleva
mostrare la propria voce, lasciò cadere dalla bocca il pezzo di formaggio, che
la volpe astuta celermente afferrò con i denti voraci. Allora soltanto gemette
lo stupido corvo ingannato.