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Modi di dire: A
abbaiare alla luna Far cosa inutile, senza ragione e senza effetto: come
appunto i cani che, nelle notti di plenilunio, latrano alla luna, quasi in una
assurda sfida. avere la luna Essere
di malumore, irragionevolmente irritabili e pronti al litigio. Per l’antica
credenza astrologica che la luna determinasse, con le sue fasi, lo stato
psichico delle persone poste sotto il suo influsso. Da qui: alzarsi,
essere con la luna di traverso; andare a lune; essere lunatici. avere la tarantola Si dice di chi non riesce a star fermo. Espressione che si ricollega alla tarantola (Lycosa tarantula), un grosso ragno presente anche nel Sud dell'Italia. Secondo alcune tradizioni il morso della tarantola scatena i più strani malori e per superarli colui che è stato morsicato deve abbandonarsi ad una danza sfrenata (il ballo di San Vito). In realtà il morso della tarantola provoca solo infiammazioni locali di nessuna gravità. La fantasia popolare vuole che da queste usanze sia nato il ballo della tarantella.
avere (essere) delle remore Avere delle incertezze che fanno da freno, nel fare una faccenda o nel prendere una decisione; rimandare una decisione per dubbi non ancora risolti. La remora (Echeneis remora) è un pesce del genere dei Teleostei provvisto sul dorso di un organo di attracco, simile ad una ventosa, che gli permette di attaccarsi a grossi pesci o anche a imbarcazioni e farsi trasportare così anche per lunghi tratti. Secondo un'antica leggenda, riportata anche dal Manzoni ne I Promessi Sposi, le remore sarebbero capaci di fermare anche grosse imbarcazioni. Da qui il significato di rallentare, o di frenare, legato a questo strano e accidioso vivente.
avere il ginocchio della lavandaia Avere
proprio tutte le magagne, essere un autentico cerotto. La fortuna della
locuzione si deve all’umorista inglese Jerome K. Jerome (1859-1927), autore
del romanzo Tre uomini in barca, in
cui un personaggio ha sofferto di tutte le malattie, tranne il ginocchio della lavandaia. Malattia che, se pur rara, esiste
veramente, ed è una forma di borsite, un’infiammazione del cuscinetto che
protegge la rotula. avere la pazienza di Giobbe Essere
molto pazienti, sopportare con rassegnazione molestie, ingiustizie e
tribolazioni. Giobbe, principale
personaggio dell’omonimo libro della Bibbia,
è la personificazione del giusto che soffre mentre i malvagi prosperano, e
che tutto sopporta inchinandosi al volere di Dio. andare in visibilio Andare in estasi per la gran
gioia, o anche (ma più raramente) essere molto meravigliati. Per storpiata
interpretazione popolare di visibilium
omnium et invisibilium, “di tutte le cose visibili e invisibili”, parole
del Credo in latino. avere (o mettere addosso) una fifa blu Provare e, rispettivamente,
incutere una bella paura, tale (in teoria) che il volto diventa così pallido da
assumere una sfumatura bluastra, come in chi sia stato esposto a un freddo assai
intenso. Fifa, che significa paura,
vigliaccheria, viene dal gergo militare ed è parola di origine settentrionale,
imprecisata. avere fegato Essere
coraggioso, e di chi arriva fino alla temerarietà si dice che è sfegatato.
L’origine: presso gli antichi, per esempio Etruschi e Greci, il fegato era
considerato sede di ogni sentimento e qualità interiore. Dal suo esame indovini
etruschi specializzati traevano previsioni, e tale arte era detta “aruspicina”.
Più tardi il compito di ospitare sentimenti ed emozioni fu assegnato al cuore,
che tuttora, per tradizione, lo svolge, incurante dei progresso scientifico. avere il tatto di un elefante Non
conoscere le buone maniere, essere privo di sensibilità come, a causa del suo
spessore, sarebbe la pelle del pachiderma. avere uno scheletro nell’armadio Efficace immagine, tradotta dall’inglese, usata con
riferimento a trascorsi colpevoli che gli appartenenti a un gruppo tengono
gelosamente nascosti. avere la memoria dell’ elefante Ricordarsi
a lungo di un torto subito, traendone vendetta a grande distanza di tempo. andare a patrasso Scherzosamente:
morire, mentre il meno comune inondare a
patrasso significa uccidere. Ma si dice anche di un’impresa risoltasi in un
fallimento. Il nome della città greca c’entra solo per caso — come l’asso
nell’espressione piantare in
asso — si tratta infatti di una corruzione della frase biblica ire
ad patres, “andare ai padri, morire”.
andare a farsi benedire Andare a farsi esorcizzare; bisogno di ottenere l'aiuto di qualche forza superiore per uscire da perduranti situazioni difficili o per evitare il ripetersi ostinato di eventi sfortunati. Spesso è usata anche in modo scherzoso per invitare qualche seccatore a "togliere il disturbo".
avere la coda di paglia Essere sempre sul chi vive, allarmarsi alla minima
allusione sfavorevole, discolparsi senza neppure essere accusati, non avendo la
coscienza tranquilla. Come chi avesse un’immaginaria coda di paglia e quindi
un sacrosanto timore dei fiammiferi. a caval donato non si guarda in bocca Proverbio
che ha corrispondenti quasi identici, anche nella formulazione, in molte lingue.
Deriva dal fatto che di un cavallo si può conoscere l’età scoprendogli i
denti. Insegna che un dono va accettato così com’è, proprio perché è un
dono, e che è indice di poca saggezza, oltre che di poca educazione, soppesarne
il valore venale o, ancor peggio, disprezzarlo. alla carlona Frettolosamente, senza
attenzione, con trascuratezza. La
locuzione, che ha mutato valore nel tempo, significava “in modo semplice,
bonario”; come agiva, nei tardi poemi cavallereschi, Carlomagno, detto “re
Carlone”. alle
calende greche Frase tradotta dal latino: ad
kalendas graecas, tolta dalla Vita di
Augusto (87, 1) di Svetonio. Rimandare
una cosa alle calende greche: rimandarla a data che non verrà mai, cioè non
farla. E questo perché i Greci, a differenza dei Romani, non avevano nel loro
calendario le calende, nome con cui si indicava il primo giorno del mese, in cui
i creditori usavano sollecitare il pagamento dei debiti. asino di Buridano Fare come l’asino di Buridano: esitare
tra due cose, tra due soluzioni di un problema, senza decidersi né per l’una
né per l’altra, perché entrambe ugualmente accettabili. Come avrebbe fatto,
se avesse seguito le teorie del suo padrone, il leggendario asino del filosofo
francese Jean Buridan (circa 1300-1 358), rettore dell’Università di Parigi.
Questi sosteneva che la scelta della volontà cade sempre sul bene, sul valore
migliore, e che quindi la volontà stessa sarebbe paralizzata e sospenderebbe la
scelta, di fronte a due beni ugualmente importanti. Essa avrebbe quindi anche la
libertà di non scegliere. Ed ecco i detrattori del filosofo inventare il
paradosso dell’asino ugualmente affamato e assetato che, posto a uguale
distanza da un secchio d’acqua e uno di avena, non sceglie, e quindi muore di
fame e di sete. a braccio Si
dice di azione improvvisata li per li, eseguita senza preparazione: fare
un discorso, tenere una lezione, predicare a
braccio. Quest'ultima espressione si trova, per esempio, nei Promessi
sposi. Ma più propriamente si riferisce al recitare, come avveniva nella
Commedia dell’arte, quando gli attori improvvisavano. attaccare bottone Tediare qualcuno con un discorso lungo e noioso,
privo di interesse per lui. Non è nota l’origine della locuzione; sembra che
un tempo volesse dire parlar male di uno. L’immagine suggerita potrebbe anche
essere quella del seccatore che, quasi afferrando fisicamente per la giacca il
riluttante interlocutore, non lo molla finché non abbia finito di ricucirgli un
immaginario bottone. andare in oca Nel linguaggio familiare: essere distratto,
dimenticarsi di qualcosa. Come si sa, con l’eccezione delle celebri oche del
Campidoglio che con il loro schiamazzo salvarono la rocca capitolina da un
improvviso attacco dei Galli (390 a.C.), questo palmipede non è ritenuto il
Leonardo da Vinci del regno animale, e a esso si paragona la persona (in
particolare la donna) sciocca, facile alla distrazione, pronta alla risatina
insulsa: un’oca, la bella oca, l’oca
giuliva, eccetera. aprire gli occhi Ricredersi
o far ricredere qualcuno rendendolo edotto di una realtà che ignorava, spesso
allo scopo di metterlo in guardia da un pericolo. a bizzeffe In
grande quantità. Secondo alcuni, la spiegazione deriverebbe dall’uso degli
alti magistrati romani di far apporre, anziché una sola volta, due volte la
parola Fiat, “sia fatto”, a una
supplica accolta senza riserve, con particolare favore. Il doppio Fiat era abbreviato in “FF”: bis
effe. Ma l’origine più probabile starebbe nel termine arabo bizzaf,
“molto”. avere il bernoccolo Avere una particolare
predisposizione a fare qualcosa, ad apprendere una scienza o un’arte.
L’origine della locuzione sta nelle teorie del
medico tedesco F.J. Gall (1758-1828), secondo le quali l’esame della
conformazione del cranio rivelerebbe lo stato neuropsichico e le tendenze di una
persona. Nella patologia criminale, teorie analoghe furono quelle elaborate da
Cesare Lombroso.
ai tempi che Berta filava Al
tempo dei tempi, chissà quando nel passato. Chi fosse questa Berta (nome molto
comune nel Medioevo) e quale l’origine del detto, nessuno lo sa. C’è chi
risale a “Berta dai grandi piedi”, supposta madre di Carlomagno. Comunque si
dice spesso: Non sono più i tempi
che Berta filava, come nostalgico richiamo al passato, o come invito ad
aggiornarsi, a togliersi dalla mente illusioni retrograde. ab absurdo Latino:
per assurdo. Si dice di
un’argomentazione volta a dimostrare la verità attraverso gli assurdi che si
dovrebbero ammettere accettando il suo contrario. Oggi si usa soprattutto per le
dimostrazioni matematiche. ab aeterno (pron. “ab etèrno”) Latino:
dall’eternità. Nell’uso comune, la locuzione è usata col significato “da
tempi remotissimi”. Deriva dalla teologia, dove più propriamente si adopera
con riferimento alla generazione eterna del Verbo. ab imo pèctore Latino:
dal profondo del petto, del cuore. Locuzione usata talvolta nel
linguaggio comune, per indicare l’assoluta sincerità e spontaneità di
un’affermazione. A babbo morto Si
dice di prestiti (ma anche di acquisti, eccetera), che chi ha la prospettiva di
entrare in possesso di un’eredità contrae con qualcuno, generalmente un
usuraio, promettendo di restituire la somma avuta o di pagare la cosa acquistata
quando avrà ereditato. La locuzione significa “a data indefinita” e anche,
a causa degli esosi interessi pretesi dall’usuraio, “sconsideratamente, in
modo avventato”. Nel primo caso, dal punto di vista di chi fa il prestito; nel
secondo, da quello dell’incauto che lo contrae. acca È
lo stesso che “niente”, nelle espressioni non
capire, non sapere un’acca. Ciò dipende dal fatto che la lettera h
non ha un suono proprio e autonomo nella lingua italiana. Achille sotto la tenda Secondo
quanto narra l’Iliade, Achille,
sdegnato contro Agamennone, si ritirò dalla guerra rimanendo a lungo appartato
nella propria tenda e abbandonando l’esercito del re acheo alla disfatta. Fare
l’Achille sotto la tenda si usa per lo più in senso ironico, con
l’implicazione che lo sdegnoso appartarsi dell’Achille in questione è
presuntuoso e a sproposito, e che non otterrà l’effetto di danneggiare
l’Agamennone della situazione. all’ acqua di rose L’acqua
di rose è una delicata soluzione di essenza di rose, usata come detergente o
emolliente per la pelle. Da qui la locuzione citata, che si usa a proposito di
cose fatte con superficialità, di rimedi inadeguati, semplici palliativi. acqua in bocca! Esortazione
a mantenere il segreto, a non lasciarsi sfuggire una parola di quanto si è
detto in stretta confidenza. All’origine del detto sarebbe un aneddoto
raccontato dal lessicògrafo fiorentino Pietro Giacchi: secondo tale aneddoto,
una donnetta maldicente ma devota pregò il suo confessore di darle un rimedio
contro quel peccato. Un giorno il prete le diede una boccetta d’acqua di
pozzo, raccomandandole di tenerla sempre con sé e di versarne qualche goccia in
bocca, tenendo questa ben chiusa, ogni volta che fosse assalita dalla tentazione
di sparlare del prossimo. Così fece la donna, e ne trasse tanto giovamento da
ritenere che quell’acqua avesse virtù miracolose. Se non è vera — come si
usa dire — è ben trovata. acqua passata non macina più Si
dice di cose e avvenimenti che non hanno più effetto né valore: come l’acqua
che, essendo ormai passata oltre la ruota del mulino, non può più muoverla per
macinare il grano. avere (sentirsi, far venire) l’ acquolina in
bocca Sono
tutte espressioni che, letteralmente, si riferiscono alla saliva che si produce
in bocca alla vista o al solo pensiero di una pietanza appetitosa. Per
estensione, alludono in generale a cosa vivamente desiderata, appetibile. ad
audièndum Verbum Latino:
per ascoltare la Parola, il Verbo. Locuzione usata ironicamente, con
riferimento a un subalterno convocato dal superiore per ricevere ordini, o
istruzioni, o anche lavate di capo. ad
augusta per angusta Latino:
alle cose eccelse per vie strette. La locuzione significa che non si
possono raggiungere alti traguardi senza sottostare a duri sacrifici. È la
parola d’ordine dei congiurati nel dramma Emani
(atto IV) di Victor Hugo. adelante, Pedro, con juicio (pron.
“…huìzio”) Spagnolo: avanti, Pietro, con giudizio. Frase messa dal Manzoni (Promessi sposi, cap. XlI) in bocca al cancelliere Ferrer, che la rivolge al suo cocchiere, mentre la carrozza passa attraverso una folla di dimostranti, diretta al palazzo del Vicario di provvisione assediato e minacciato di morte. Si usa per raccomandare attenzione e massima prudenza nell’operare. ad hoc
(pron. “ad òk”) Latino:
per ciò, per questo effetto. Locuzione usata per indicare che una
persona, una frase, una spiegazione sono proprio quelle più adatte alla
circostanza, o allo scopo che ci si prefigge. Perciò si dice: una
cosa ad hoc; la persona ad
hoc, ossia scelta espressamente, tagliata su misura per la funzione
assegnatale. ad
honorem (pron. “ad onòrem”) Latino:
ad onore. Locuzione usata a proposito di incarico o qualifica conferiti a
titolo onorifico, e senza i relativi emolumenti: una presidenza onoraria, per
esempio, affidata per dare lustro a un sodalizio o anche a una società
commerciale, mentre il potere effettivo è in altre mani. Si dice anche di
laurea conferita senza necessità di esami, discussioni di tesi, eccetera, per i
meriti eccezionali conseguiti da una persona nel campo di studi attinenti alla
laurea stessa. ad impossibilia nemo tenetur Latino:
nessuno è tenuto a fare ciò
che è impossibile. Ovvio aforisma giuridico, ma anche uno dei cardini del
diritto delle obbligazioni: Uno dei requisiti essenziali di un contratto è
la possibilità del suo oggetto. ad lìbitum Latino:
a piacere, a volontà. Riferito a cosa, azione la cui quantità o durata
è lasciata alla volontà della persona interessata. La formula, spesso
abbreviata in ad lib., si legge ancora
talvolta nelle ricette mediche. E usata nella liturgia, ma soprattutto come
didascalia musicale per indicare che l’esecuzione di un passo, la ripetizione
di un ritornello, eccetera, sono affidate alla libera interpretazione
dell’artista. ad maiòra! Latino:
a cose più grandi! Formula di augurio: la si rivolge, generalmente, a
chi ha conseguito un successo, per auspicare che ne consegua presto di maggiori. ad maiòrem Dei gloriam Latino:
a maggior gloria di Dio. Spesso abbreviato in A.M.D.G.,
è il motto della Compagnia di Gesù, fondata da Sant’Ignazio da Loyola
nel 1534. ad multos annos Latino:
per molti anni. Formula pronunciata dal vescovo consacrato e rivolta al
consacrante. Nell’uso comune, è un augurio generico che equivale a: cento
di questi giorni; o al napoletano: possa
campa’ cient’anni. ad patres Latino:
agli antenati. Ire ad patres significa “andare a rivedere gli antenati”, ossia
morire. Donde, per corruzione, l’italiano andare
a patrasso. ad usum delphini (pron. “...delfìni”) Latino:
a uso del Delfino. Il Delfino era l’erede al trono di Francia, e questo
motto venne stampato sul frontespizio di una serie di classici latini purgati
dei passi più scabrosi, iniziata a cura di Bossuet e Huet per ordine del duca
di Montausier, nominato dal Re Sole, Luigi XIV, precettore del Gran Delfino. La
frase viene usata in senso spregiativo, riferendola a cosa, a verità manipolata
e adattata al solo scopo di compiacere una data persona o parte, e in genere a
notizia “addomesticata”, che cela parte della verità, travisandola. a fortiori (pron. “a forziòri”) Latino:
sottinteso ratione, “a maggior ragione”. Si dice di argomento logico, che
deve essere accettato come valido per il fatto che un altro argomento,
precedente, lo è stato. ago della bilancia Espressione
usata in senso figurato per indicare persona, fazione, partito (soprattutto se
di scarso peso in senso assoluto), il cui atteggiamento può, data una
situazione, determinare l’evolversi di questa in un senso piuttosto che in un
altro. aiutati
che il ciel (o Dio) t’aiuta Detto
proverbiale, che ha corrispondenze quasi letterali in molte lingue. Il
significato, intuitivo, è che il primo e principale aiuto viene da noi stessi. à la belle étoile (pron.
“a la bèl etuàl”) Francese:
alla bella stella, cioè all’aperto, allo scoperto. Dormire à la belle étoile
significa dormire all’addiaccio, in genere per non esser riusciti a trovare un
letto. Ha un corrispondente italiano nella locuzione dormire all’albergo della luna (o delle stelle). à la fortune du pot (pron.
“a la fortùn du pò”) Francese:
alla fortuna della pentola. Mangiare à
la fortune du pot equivale all’italiano: mangiare
quello che c’è, quello che passa il convento. à la
guerre comme à la guerre (pron. “a la ghèr kòm a la
ghèr”) Francese:
in guerra come in guerra. Significa che bisogna adattarsi alle circostanze,
visto che non si può fare altrimenti. a làtere Latino:
a fianco. Legato pontificio, in genere un cardinale, che agisce quale alter
ego del Papa in missioni
particolari o in cerimonie di grande solennità. Più comunemente si legge oggi
del giudice a làtere, che è un magistrato di carriera il quale, a fianco del
presidente, forma il tribunale. L’espressione si applica anche a persona che
è in grande confidenza con un’altra e che si vede sempre in sua compagnia. àlea iacta est Latino:
il dado è stato gettato. O, come si dice proverbialmente, il
dato è tratto, a indicare che è stata compiuta una scelta, presa una
decisione irrevocabile, quali che possano esserne le conseguenze. La famosa
frase fu pronunciata da Cesare, secondo quanto narra lo storico Svetonio (Vita di Cesare, 52), allorché passò con il suo esercito il
Rubicone, in Romagna, per marciare su Roma contro Pompeo, nel gennaio del 49
a.C. Tale atto ne faceva automaticamente un nemico della Repubblica, poiché una
legge imponeva ai generali che entravano in Italia dal Settentrione di congedare
le truppe prima di passare questo fiume. abbassare
le
ali Lo
stesso che abbassare la cresta, cioè smettere la superbia e assumere un atteggiamento più modesto
e remissivo. àlias Latino:
altrimenti. Avverbio che appare per lo più nella cronaca giornalistica
per indicare il nome falso assunto da un furfante o il nomignolo con cui è
noto. àlibi Latino:
altrove. Nel diritto, mezzo di difesa dell’imputato consistente nel
dimostrare che, al momento in cui fu commesso il reato, egli non si trovava nel
luogo dello stesso, ma altrove. Nel linguaggio comune, per esempio nella frase: cercare
un alibi morale, significa scusa o pretesto per sfuggire alle proprie
responsabilità. all
right (pron. “òl ràit”) Inglese:
tutto bene, tutto per il giusto verso. Ma è stato quasi completamente scalzato
dall’americano O.K. alter ego Latino:
un altro me stesso. Si dice di persona che rappresenta in tutto e per
tutto un’altra, che ha la piena fiducia di questa. alla macchia La
macchia, boscaglia caratteristica dei Paesi mediterranei, era (ed è) il
nascondiglio ideale per chi aveva conti in sospeso con la giustizia. Perciò le
locuzioni: darsi alla macchia, cioè al brigantaggio, rendersi latitante (durante la
Seconda guerra mondiale significò anche unirsi ai partigiani, o semplicemente
isolarsi in luogo sicuro); libro,
manifesto stampato alla macchia, ossia
clandestinamente, senza le prescritte indicazioni dell’editore e dello
stampatore. amico del giaguaro Nata
da una barzelletta ed entrata nel parlare comune grazie ad un film del 1958 e ad un fortunato
spettacolo di varietà televisivo (1961-1964), l’espressione si usa scherzosamente per
mettere in dubbio la lealtà di un amico che, secondo noi, solleva troppe
obiezioni.
amico Fritz Si
dice a volte, con evidente ironia circa la genuinità della sua amicizia,
alludendo a persona nota agli interlocutori, ma che questi non vogliono nominare
esplicitamente. L’ amico Fritz è
un’opera lirica di Pietro Mascagni. amleto, amletico Amleto
è il protagonista dell’omonima tragedia di William Shakespeare, la tragedia
del pensiero, del dubbio che paralizza l’azione e mina la volontà. Perciò si
parla di dubbio amletico e di essere un amleto,
cioè persona chiusa nella meditazione e travagliata dal dubbio, incapace di
giungere a una decisione. ammucchiata Dall’accezione
di riunione di più coppie a fini erotici, in genere con scambio dei partner fra
le coppie stesse, è derivata quella ammucchiata
politica per cui partiti eterogenei e spesso ideologicamente contrapposti
formano palesi o tacite alleanze, pur dì spartirsi il potere. È dunque un
termine spregiativo; ma i pubblicitari gli hanno già cambiato i connotati:
Un’ammucchiata di successi in questo
nuovo LP. È presumibile che si siano rifatti al significato erotico. amor, ch’a nullo amato amar perdona Dante
(Inf., V, 103). Nel racconto di Francesca
da Rimini, significa — secondo le teorie sull’amore svolte da Guido
Guinizelli e accettate da Dante — che Amore non consente a chi è amato di non
riamare. Cosa non sempre vera, ma ognuno ha il diritto di credere nelle proprie
illusioni. amor di fratello, amor di coltello Vuol
dire che spesso le più aspre inimicizie si manifestano tra fratelli.
L’evangelico “amatevi come fratelli” resta una lodevole esortazione,
frequentemente contraddetta da una realtà che il proverbio, disincantato e
cinico come molti proverbi, si limita a costatare. ancien régime
(pron. “ansièn rezim”) Francese:
vecchio regime. Espressione con cui si designò, dopo la Rivoluzione
Francese, il deposto regime monarchico e assolutista dei Borboni: da parte dei
rivoluzionari con disprezzo, dai reazionari con nostalgia. Cosi, pur in mutate
circostanze storiche, suona ancor oggi, e ha conservato il duplice valore che
aveva in origine, secondo l’opinione di chi la usa, e anche senza allusioni
politiche.
Annibale
alle porte Traduzione
dal latino: Hannibal ad portas. Proverbiale,
per avvertire dell’imminenza di un pericolo. Nacque tra i Romani, dopo la sconfitta
di Canne, quando si temeva che da un momento all’altro Annibale potesse
comparire con il suo esercito alle porte di Roma. Cicerone la riporta nella
prima delle sue celebri Filippiche, le
orazioni contro M. Antonio (44 a.C.), pari in veemenza a quelle di Demostene
contro Filippo il Macedone (IV sec. a.C.). ante lìtteram Latino:
avanti lettera. Si dice di persona, o di fenomeno culturale, politico, eccetera,
che ha precorso i tempi in cui si è storicamente manifestato. “Lettera” era
chiamata l’iscrizione apposta alle incisioni d’arte, quale didascalia; le
prove delle incisioni tirate senza la “lettera”, prima della stampa vera e
propria, erano dette ante litteram e,
proprio per questo motivo, avevano grande pregio. apertis verbis Latino:
con parole franche. Schiettamente, senza peli sulla lingua, chiaro e
tondo. avere molto aplomb (pron. “aplòn”) Dal
francese aplomb; letteralmente: a piombo,
perpendicolare. Significa possedere un’assoluta, e a volte sfrontata,
sicurezza di sé. In un certo senso, una
bella faccia tosta. a posteriori Latino:
da ciò che è posteriore. Quel tipo di ragionamento per cui si deduce la
causa dall’effetto: vedendo un orologio, deduciamo che debba esserci, o
esserci stato, un fabbricante di orologi. Spesso la locuzione è usata nel senso
puro e semplice di “dopo, a cose fatte”. a priori Latino:
da ciò che precede. Termine filosofico che nel linguaggio comune è impiegato
per descrivere, riprovandolo, l’atteggiamento di chi emette giudizi basati su
sue convinzioni preconcette e non alla luce dell’esperienza obiettiva. araba fenice Si
dice di cosa o persona unica, senza uguali, oppure immaginaria, inesistente. Trovare
un idraulico, oggi, è come trovar l’araba
fenice, della quale il Metastasio scriveva:
che vi sia ciascun lo dice, dove
sia nessun lo sa. La fenice — la cui prima menzione si trova in Erodoto (Storie,
II, 73) — era un uccello
favoloso del quale esisteva un solo esemplare che si riproduceva secondo una
strana forma di partenogenesi, cioè rinascendo dalle proprie ceneri. A causa di
questa leggenda, la fenice fu assunta a simbolo di unicità, di immortalità e
di resurrezione. aria fritta Ormai
ha stancato, questo modo di dire riferito a parole prive di contenuto, gonfie
solo dell’aria emessa per pronunciarle. In genere commenta i discorsi fumosi,
le promesse illusorie, campate in aria. Fritta, appunto. armiamoci e partite! Questa
battuta fu messa in voga da Lorenzo Stecchetti (pseudonimo di Olindo Guerrini)
nel 1895, al tempo della prima impresa abissina, che doveva concludersi male per
l’Italia l’anno dopo: ne fecero largo uso, allora e dopo, gli
antimilitaristi, e la si ripete ancora oggi per ironizzare su chi sprona gli
altri a rischiare, ad affrontare disagi e pericoli, badando bene, però, a non
farlo egli stesso.
arrivare a fumo di candela Arrivare al termine di una riunione, di una ricorrenza, di una celebrazione, in pratica all'ultimo minuto! Il riferimento è all'azione liturgica; quando termina il rito religioso si spengono le candele che lasciano per qualche istante un filo di fumo.
asinus asinum fricat Latino:
l’asino si strofina all’asino. La frase cade a proposito osservando due
sciocchi e vanesi che, incontrandosi, si scambiano lodi sperticate, e
immeritate. aspetta e spera... È
nell’uso familiare e ha lo stesso significato e valore di campa cavallo... , come
dire: “Ti illudi, caro mio!” Proviene da Faccetta
nera, marcetta che accompagnò la campagna di Etiopia (1935-1936) e la
conquista del nostro effimero impero coloniale. assalto alla diligenza Nel
linguaggio parlamentare italiano la frase si diffuse al principio del 1915,
quando l’on. Salandra definì in tal modo le manovre dell’opposizione per
far cadere il governo. La si usa tuttora per qualificare gli intrighi orditi da
persone o gruppi di persone per scalzare dal loro posto altre persone o gruppi;
e soprattutto quando scopo ultimo degli intrighi è l’arrembaggio al
“carrozzone”, cioè agli incarichi lautamente retribuiti. avere un asso nella manica Nei
giochi di carte, l’asso nascosto nella manica ce l’hanno i bari. Ma in senso
figurato l’espressione non implica necessariamente un giudizio morale
negativo. Significa aver delle risorse, delle proposte, degli argomenti tenuti
in serbo e che, fatti valere al momento più opportuno, assicureranno il
successo, la vittoria. audaces fortuna iuvat Latino:
la fortuna aiuta gli audaci. Variante più comunemente usata
dall’emistichio (mezzo verso) audentes fortuna iuvat, che si trova in Virgilio (Eneide,
X, 284) e che si completa con le parole timidosque
repellit, “e respinge i vigliacchi”. Si cita per spronare i pavidi
all’azione, allo stesso modo del proverbio: Chi
non risica non rosica. audience (pron. “òdioens”) Inglese
dell’ ”aziendese”; c’è qualche zelante (a sproposito) che l’ha
tradotto con “udienza”, apparentandolo ai tribunali. Il termine indica quel
gruppo di persone (lettori di giornali, spettatori televisivi e cinematografici,
ascoltatori della radio, eccetera) che è raggiunto da un messaggio
pubblicitario in un certo periodo di tempo. Questa audience è in stretto legame di parentela con il target,
cioè il bersaglio del messaggio pubblicitario e insieme l’obiettivo di
vendite da raggiungere. aurea mediòcritas Latino:
aurea mediocrità. La elogia Orazio (Odi,
Il, 10, 5-6), la scherniscono gli ambiziosi. È quello stato di modesta
felicità che raggiunge chi sa accontentarsi, tenendosi lontano da posizioni
estreme e senza affannarsi per emergere a tutti i costi. aut aut Latino:
o…o. Locuzione usata quando si ingiunge a qualcuno di compiere una scelta definitiva,
e in genere troppo a lungo procrastinata. aut
Caesar aut nihil Latino:
o Cesare o nulla. Motto di Cesare Borgia, il celebre Valentino, derivato
da una famosa frase attribuita a Giulio Cesare, il quale l’avrebbe pronunciata
mentre attraversava un modesto borgo alpino: “Meglio essere il primo in questo
villaggio che il secondo a Roma”. I due personaggi non peccavano certo di
modestia. ave, Caesar (o imperàtor), morituri te salutant! Latino:
ave, Cesare (o imperatore), quelli che vanno a morire ti salutano! Era il saluto
che i gladiatori, secondo quanto riferisce lo storico Svetonio (Claudio, 21), rivolgevano all’Imperatore, schierati davanti al
suo palco, prima di cimentarsi nelle cruente e spesso mortali gare del circo. Si
usa, per lo più scherzosamente, quando ci si accinge ad affrontare un pericolo,
vero o supposto, un esame difficile, eccetera. avvocato del diavolo Dal
latino advocatus diaboli. Si dice di
chi, a fini puramente dialettici, cerca ogni argomento, anche il più capzioso,
per contestare una tesi. Deriva dal nome popolarmente dato al “promotore della
fede”, ossia all’avvocato concistoriale, che, nei processi di
canonizzazione, ha il compito di sollevare tutte le obiezioni possibili affinché,
confutate queste oltre ogni dubbio, sia dimostrata la santità di colui che ci
si propone, attraverso il processo, di elevare all’onore degli altari. azzeccagarbugli Il dottor Azzeccagarbugli è il meschino e pavido avvocato dal quale, nel terzo capitolo dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni, si reca Renzo per chiedergli, ma invano, la protezione della legge contro le prepotenze di don Rodrigo. Il termine è usato per indicare un avvocato da strapazzo, un intrigante, un individuo capzioso pronto a cogliere ogni pretesto per aver ragione.
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