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Modi di dire: C
cercare col lanternino Cercare
con grande cura, con pignoleria, qualcosa molto difficile a trovarsi. Il
riferimento è alla lanterna con la quale si narra che il filosofo Diogene di
Sinope (IV secolo a.C.) si aggirasse di giorno per le strade alla ricerca
dell’”uomo”, della verità.
Cercarle, cercarsele col lanternino, invece, si dice in tono ironico, o di
blando rimprovero, a proposito di hi è così sciocco o imprudente da cacciarsi
sempre nei guai, da procacciarsi fastidi o malattie. ci
rivedremo a Filippi Si usa come minaccioso ammonimento, ed equivale a:
“Bada! Al momento opportuno te la farò pagare”; l’ascendenza
storico-leggendaria del detto è illustre. Narra lo storico Plutarco che, dopo
l’uccisione di Cesare (44 a.C.), Bruto riparò con Cassio Longino e con
l’esercito dei repubblicani in Macedonia, dove lo inseguirono Marco Antonio e
il giovane Ottaviano. Una notte apparve a Bruto, nella sua tenda, un’ombra
gigantesca che gli disse: “Io sono il tuo cattivo genio, o Bruto, e mi
rivedrai dopo Filippi”. Arditamente, Bruto replicò che non sarebbe mancato
all’appuntamento, e l’ombra disparve. Proprio nella piana di Filippi,
presso Cavalla, sull’Egeo, gli eserciti rivali si affrontarono, nel 42 a.C.,
per la battaglia decisiva. I primi scontri volsero a favore di Bruto, ma per la
seconda volta il gigante riapparve, muto, all’assassino di Cesare.
L’indomani si riaccese la mischia, che si concluse con la disfatta dei
repubblicani e col suicidio di Bruto. cavallo di Troia Tranello,
inganno abilmente dissimulato. Come il famoso cavallo di legno che i Greci,
fingendo di ritirarsi dalla decennale guerra di Troia, abbandonarono sulla
spiaggia e che i Troiani trascinarono entro le mura della città, senza sapere
che nel suo ventre erano celati numerosi guerrieri nemici, i quali ne sarebbero
usciti nottetempo per aprire le porte ai loro compagni e mettere Troia a ferro e
fuoco. complesso
di Elettra Lo stesso che complesso di Edipo
, con la differenza che ne è affetta la figlia morbosamente legata
al padre e inconsapevolmente rivale della madre. Nella mitologia greca, Elettra
è la sorella maggiore di Oreste, figlia di Agamennone e di Clitennestra, che
favorisce il fratello nel vendicare l’assassinio del padre, perpetrato
dall’amante della madre, Egisto. complesso
di Edipo Così si definisce, con
espressione tolta dalla psicanalisi, un patologico attaccamento del figlio verso
la madre, unito a un inconsapevole sentimento di rivalità nei confronti del
padre. Il mitologico Edipo uccise, senza saperlo, il padre Laio e, risolto
l’enigma della Sfinge, divenne re di
Tebe e sposò la madre, Giocasta. Quando la verità fu nota Giocasta si impiccò
ed Edipo si cavò gli occhi. contare le pecore Chi soffre d'insonnia cerca, con questo rimedio illusorio, di addormentarsi contando le pecore di un gregge immaginario. Nel Novellino si narra di Ezzelino da Romano, il quale, soffrendo d'insonnia, aveva preso al suo servizio un narratore che gli facesse compagnia. Una sera raccontò l'episodio di un pastore che doveva far passare un gregge dall'altra parte del fiume. Si rivolse al barcaiolo che però poteva trasportare una pecora alla volta. Così caricò la prima e la portò all'altra riva, tornò a prendere la seconda... e il narratore si assopì. E ad Ezzelino che gli chiedeva di continuare, rispose: "Intanto che passano tutte le pecore abbiamo tempo di fare una breve dormita!"
correre
la cavallina Spassarsela, soprattutto in
avventure galanti. Correr le giumente, dice
il Boccaccio nella novella di frate Alberto e della sciocca madonna Lisetta (Decamerone,
1V, 2), con la quale l’astuto frate fa il mestier suo impersonando l’”agnolo
Gabriello”, l’arcangelo Gabriele. campa cavallo che
l’erba cresce! Esclamazione usata a proposito di promesse a lunga
scadenza, e sul mantenimento delle quali è sciocco farsi soverchie illusioni. contare
quanto il due di briscola Non contare nulla, essere l’ultima ruota del carro,
poiché il due, nel gioco della briscola, è la carta che vale meno, mentre
l’asso è quella che vale di più, donde l’altra espressione essere
l’asso di briscola, cioè la persona più importante. con
beneficio d’inventano Dal linguaggio giuridico, con riferimento a una forma cautelativa di accettazione di un’eredità. In senso figurato, significa con molte riserve. combattere coi mulini a vento Seguendo
l’esempio di don Chisciotte nell’omonimo capolavoro di Cervantes, quando il
protagonista parte a lancia in resta contro i mulini a vento che la sua fantasia
aveva trasformato in pericolosi giganti: prendersela con nemici immaginari,
gettarsi in imprese impossibili o insensate. capire
l’ antifona Nella
liturgia cristiana, l’antifona è un breve canto premesso a un salmo,
consistente in poche parole tolte dal salmo e che ne compendiano il senso. Nel
linguaggio familiare, capire l’antifona significa
quindi afferrare a volo, da una semplice allusione, dove l’interlocutore vuole
andare a parare, quali siano le sue non dichiarate intenzioni. comandare a bacchetta Comandare
in maniera eccessivamente autoritaria, da despota. La bacchetta (o bastone,
mazza, scettro) è antichissimo segno del comando: dallo scettro dei sovrani, al
bastone dei comandanti di eserciti (il ‘bastone di maresciallo”), fino alla
bacchetta del maestro, un tempo adoperata anche per amministrare punizioni corporali. cercare un ago in un pagliaio Similitudine
usata per definire l’impresa, pressoché irrealizzabile, di chi voglia trovare
una cosa, scoprire un particolare, tra una moltitudine di elementi difficili da
districare. cadere
in piedi Uscire
indenni, o quasi, da una situazione precaria, con inaspettata fortuna. E'
sottintesa la similitudine con i gatti, che cadendo riescono sempre ad atterrare
sulle quattro zampe. calunniate, calunniate; qualcosa resterà Dal
francese: Calomniez, calomniez; il en
restera toujours quelque chose; frase in cui si compendia una lunga tirata
di don Basilio nella commedia Il
barbiere di Siviglia (1775) di Pierre-Augustin de Beaumarchais, messa in
musica nel 1816 da Gioacchino Rossini. La famosa frase è stata attribuita a
Jean-Jacques Rousseau, a Voltaire, ai gesuiti, ma pare che il primo a esprimere
il concetto sia stato il filosofo inglese Francesco Bacone (1561-1626). cane
non mangia cane I potenti, temendosi a
vicenda, prudentemente evitano di scontrarsi tra loro. cannare Nel
gergo giovanile studentesco significa “sbagliare”, dare risposte errate a
un’interrogazione. canto del cigno Si
dice dell’ultima grande opera, quasi il canto d’addio, di un artista, e per
estensione di qualsiasi impresa notevole che sia l’ultima di una prestigiosa
carriera: Quella vittoria al giro
d’Italia fu il canto del cigno di
Gino Bartali. Anticamente, da Platone a Fedro, Cicerone, Lucrezio,
Shakespeare, si credeva che il cigno cantasse quando stava per morire. In realtà,
il cigno reale è muto, mentre quello selvatico emette non un canto ma un
fischio, sia pure abbastanza armonioso. capro espiatorio In
senso figurato, è colui sui quale vengono fatte ricadere le colpe di altri, o
che volontariamente se le assume, sacrificandosi per loro. Presso gli antichi
Ebrei, secondo un rito seguito anche in altre religioni, ogni anno nel giorno
dell’espiazione, o kippùr, il sommo
sacerdote liberava un capra nel deserto dopo avergli simbolicamente caricato
addosso le colpe di tutta la comunità. càrmina non dant panem Latino:
le poesie non danno il pane. E tanto meno il companatico, l’agiatezza.
Lo hanno costatato, ed espresso, molti poeti, dal Petrarca all’Ariosto, al
Panini.
Carneade! Chi era costui? Era
un filosofo greco seguace del probabilismo, vissuto tra il 213 e il 128 a.C., e
la domanda, non ingiustificata da parte di un uomo di media cultura, se la
rimugina don Abbondio, seduto sul suo seggiolone, nell’ottavo capitolo dei Promessi
sposi. Da quella battuta è nata la locuzione
essere un carneade, cioè
una persona di poco conto, mai
sentita nominare.
carpe diem Latino: cogli il giorno, il presente. Massima del poeta Orazio (Odi,
I, 11, 8), generalmente intesa come un invito a godersela, finché si può,
ma che, secondo l’ideale stoico-epicureo del poeta, è invece un’esortazione
ad accontentarsi delle piccole gioie di ogni giorno, con saggia modestia. castigat ridendo mores Latino:
ridendo, corregge i costumi. Si usa talvolta a proposito di persona o di opera
letteraria o teatrale che sa ammonire senza essere arcigna, e anzi sorridendo e
divertendo. La frase è del letterato francese Jean de Santeuil (XVII secolo),
che la coniò quando, alla Comédie
italienne di Parigi, venne scoperto un busto all’arlecchino Domenico
Biancolelli, resosi celebre in Francia con la sua compagnia. La massima, che si
legge ancora sul frontone o sul proscenio di qualche teatro, esprime la
funzione moralizzatrice della commedia e della satira.
casus belli Latino:
caso di guerra. Evento che costringe un Paese, per difendersi, a dichiarare
guerra a un altro. Non di rado, il casus
belli è creato ad arte e serve di pretesto per l’aggressione. Nel
linguaggio comune, il significato è analogo, e indica provocazione vera o
inventata.
cavallo di battaglia Figuratamente,
il pezzo forte” di qualcuno, l’opera musicale o teatrale in cui un artista
eccelle.
cercare la quadratura del cerchio Tentare un’impresa impossibile, affannarsi su un
problema troppo arduo nell’illusoria speranza di risolverlo. Il celeberrimo
problema che diede origine alla locuzione e sul quale si spremettero le meningi
moltissimi matematici fin dall’antichità consisteva nel costruire, servendosi
solo di riga e compasso, un quadrato di area equivalente a quella di un cerchio
dato, ciò che fu dimostrato impossibile solo nel 1882. c’est
la guerre (pron. “sè la ghèr”) Francese: è la guerra. Inutile prendersela,
è giocoforza adattarsi a circostanze spiacevoli che non possiamo mutare. Un
modo come un altro di consolare, e di consolarsi. c’est
la vie (pron. “sè
la vi”) Francese:
è la vita. Molto simile a c’est la guerre: non bisogna prendersela, così va il mondo. cherchez
la femme! (pron. “sersé la fàm”) Francese:
cercate la donna! Frase attribuita da alcuni al De Sartine, luogotenente
di polizia del re di Francia Luigi XV, ma derivata dal poeta latino Giovenale.
Comunque, fu resa popolare solo attraverso il romanzo di Alessandro Dumas padre Les
Mohicans de Paris, nel quale un commissario di polizia, all’annuncio di
ogni nuovo delitto, esclama invariabilmente: “ Cherchez la femme! ” Anche oggi si ripete alludendo alla debolezza
degli uomini, sempre pronti a commettere le più grosse sciocchezze per una
gonnella. chi ha dato ha dato... ...e chi ha avuto ha avuto, chi
ha tratto profitto dalla situazione se la gode. È un invita ad accettare con
filosofia il fatta compiuto, senza rivangare e recriminare. Il verso è entrato
nell’uso grazie alla fortuna di una canzonetta napoletana che lo conteneva,
composta nell’immediato dopoguerra e piena di rassegnazione, ma anche di
speranza, carne attestano gli ultimi versi: Scordammoce
‘o passato, simme ‘e Napule, paisà. chi non beve con me, peste lo colga Verso
de La cena delle beffe (1909) di
Sem Benelli (1875-1949), usato carne scherzoso invito ad alzare il
bicchiere, e ciò a causa della dizione enfatica e un po’ troppo chiusa con
cui lo pronunciava, nel film tratto dal dramma, l’attore Amedeo Nazzari. chi non è con me, è contro di me L’hanno
detta in tanti, ma la fonte vera è il Vangelo
(Matteo, 12, 30 e Luca, 11, 23), e
significa che nelle questioni essenziali l’indifferenza è colpevole. chi non lavora non mangia Più
esattamente chi non lavora, non mangi. Parole
non di Marx, ma di san Paolo (Tessalonicesi,
Il, 3, 10): chi non vuole lavorare non deve pretendere ricompensa. chiodo
scaccia chiodo Un
cruccio, un dolore ne attutisce altri, quasi facendoli dimenticare. Il proverbio
ha origine, pare, da un gioco praticato nell’antica Grecia e consistente
nell’estirpare con un paletto un altro paletto conficcato saldamente nel
terreno. chi per la patria muor vissuto è assai Motto
in onore di chi sacrifica la vita per il proprio Paese. Cosi la tradizione
popolare ha modificato i versi chi per la
gloria muor/vissuto e assai... — dall’opera di Saverio Mercadante
(1795-1870) Donna Contea (atto I, scena 9a)
— che i fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, martiri del Risorgimento nel
1844, si misero a cantare dopo aver appreso, nel carcere di Cosenza, la sentenza
che li condannava a morte. chi ride
il
venerdì,
piange la domenica Alla
gioia seguono inevitabilmente la delusione, il dolore. Il detto viene dalla
commedia di Jean Racine Les plaideurs,
"I
litiganti”. Cicero
pro domo sua Latino:
Cicerone per la propria casa. Si dice di chi, con molto calore, peròra
la propria causa, talvolta con argomenti remoti e generali, che sembrano non
avere rapporto con essa. E’ opportuno che il nuovo quartiere sorga nella tale
zona, sostiene, per esempio, un assessore, adducendo ragioni di pubblica utilità,
mentre la ragione vera è che l’assessore stesso (o gente amica) possiede
terreni in quella zona. La frase viene dal titolo di un’orazione con cui
l’antico maestro d’eloquenza, quando ritornò a Roma dopo l’esilio, nel 57
a.C., avendo trovato distrutta la propria casa, chiese ai pontefici che gli
fosse restituito il terreno su cui essa sorgeva e assegnata una somma per
ricostruirla. cioè (o no, cioè...) Avverbio
ridotto a intercalare, se non a balbettamento, da timidi o ignoranti (o l’uno
e l’altro), per lo più giovani, incapaci di un discorso filato e razionale.
Logoro fino alla ridicolaggine, l’hanno sfruttato furbi ristoratori alla moda
battezzando Cioè i loro locali. E si
è avuto anche un periodico con questo titolo, nei primi anni Ottanta. ciurlare
nel manico Sottrarsi
con i più svariati pretesti a un impegno, rinviandone l’adempimento; e anche
essere incostante nei propositi, dire un giorno una cosa, il giorno dopo
un’altra. Ciurlare significa “vacillare, tentennare”, con riferimento a
lama di coltello non bene fissata nel manico. civetta Le
civette, com’è noto, servivano come richiamo per le allodole, e civetta, per metafora, è detta la donna che con le sue arti provoca
l’attenzione degli uomini. Prodotto civetta
è quello che assolve analoga funzione a beneficio del negoziante: venduto a
prezzo particolarmente basso, attira nel negozio, supermercato o altro, il consumatore
che, per comodità o perché sedotto da esposizioni invitanti, oltre al prodotto
civetta ne acquista altri. Auto
civetta è definita invece quella
delle forze dell’ordine che, sprovvista di contrassegni e con equipaggio in
abiti civili, è usata in particolari missioni che richiedono tale
“mascheramento”; a volte queste civette
vigilano sul traffico, consentendo ai militi di cogliere in castagna i
trasgressori delle norme che lo regolano.
clou (pron. ”klu”) Francese:
chiodo. Si usa nella nostra lingua per indicare il punto essenziale, il centro
di un avvenimento, la parte più interessante di uno spettacolo o di una
manifestazione. cògito ergo sum Latino:
penso, dunque sono. Massima fondamentale del filosofo razionalista Cartesio (René
Descartes, 1596-1650), che esprime la certezza di esistere, e la certezza della
realtà, proprio perché si dubita di essa e per conoscerla bisogna disfarsi di
ogni opinione ricevuta e indagare ex novo
, dalle fondamenta. Lo stesso pensiero era già stato formulato da
altri filosofi, da Sant’Agostino a Tommaso Campanella.
colosso dai piedi d’argilla Si
dice di persona o istituzione, la cui potenza non ha solide fondamenta e che
quindi potrebbe crollare alla prima occasione. Così Denis Diderot,
l’enciclopedista francese, definì l’impero russo dopo il suo ritorno da
Pietroburgo, ove aveva soggiornato nel 1773-1774. L’immagine deriva dalla Bibbia (Daniele, 2, 3 1-35): è
quella della statua gigantesca sognata da Nabucodònosor, con testa d’oro,
petto d’argento, ventre di bronzo, gambe di ferro e piedi, appunto,
d’argilla; la spiegazione la dà Daniele, interpretando la statua come la
raffigurazione del succedersi dei regni sulla terra. compagno di strada Dal
francese compagnon de route. Soprattutto
nel linguaggio politico, chi simpatizza per un partito e ne fiancheggia
l’azione, senza esserne un iscritto. A volte, è anche un “utile” idiota conditio sine qua non... (pron. “condizio...”) Latino: condizione senza la quale... Condizione indispensabile per fare o
ottenere qualche cosa. Talvolta si usa, come sostantivo, il semplice sine
qua non. conquibus Forma
scherzosamente latineggiante: con quali denari. Significa appunto il denaro,
quando questo è indispensabile a un’impresa. A volte usato anche al plurale: i conquibus. convergenze parallele Formula
del linguaggio giornalistico e parlamentare coniata nel 1960 per definire la
politica che condusse alla formazione di un governo monocolore presieduto da
Amintore Fanfani, della Democrazia Cristiana, e sostenuto da socialdemocratici,
liberali e repubblicani: partiti che avrebbero dato il loro contributo, senza
tuttavia "incontrarsi”. Si cita con ironia, memori dell’assioma che due
rette parallele si incontrano all’infinito: cioè, praticamente, mai. corte dei miracoli Si
dice di un ambiente gremito di straccioni e di malandrini, dove ne capitano di
tutti i colori. Così era chiamato nel Medioevo, a Parigi, un rifugio di
mendicanti, descritto da Victor Hugo in Notre-Dame
de Paris, ove coloro che di giorno si fingevano storpi, ciechi, paralitici
per esigenze professionali, guarivano “miracolosamente” dalle loro infermità. cortina di ferro La
frontiera impenetrabile, materialmente e soprattutto ideologicamente, che
l’Europa orientale, retta a regime comunista, frappose tra sé e il resto del
mondo. L’espressione, pronunciata da Churchill in un discorso del 1946, è
entrata nell’uso comune per definire lo stato di volontario e ostile
isolamento nel quale uno si racchiude. caccia alle streghe Nel
linguaggio politico, così si definisce la persecuzione, la messa al bando (non
di rado strumentalizzata a fai personali) di persone giudicate pericolose sulla
base di semplici sospetti, come avveniva un tempo per le streghe. La rinnovata
voga della locuzione — usata anche a proposito di situazioni non politiche —
derivò dalla campagna scatenata negli Stati Uniti, negli anni Cinquanta, dal
senatore Joseph McCarthy contro intellettuali, artisti, pubblici funzionari
sospettati di essere comunisti o filocomunisti, in un clima da “caccia alle
streghe” di medievale memoria. Dal nome del senatore, il termine
“maccartismo”, usato a indicare simili atteggiamenti persecutori. corvée (pron. ”korvé”) Francese:
richiesta; sottinteso ”opera, lavoro”. Fatica improba, lavoro pesante e
ingrato. Corvée si chiamava la
prestazione personale, consistente in genere in giornate di lavoro, che nel
Medioevo il suddito doveva al feudatario, più tardi al sovrano. Così si
chiamava anche, nel linguaggio militare, il servizio di fatica: essere
di corvée. Ma quest’ultima locuzione è passata di moda. così fan tutte Si
cita, a ironica consolazione del deluso in amore, ripetendo il titolo della
celebre opera di Mozart, composta su libretto di Lorenzo Da Ponte e
rappresentata per la prima volta a Vienna nel 1790. cru (pron. ”kru”) Francese.
Indica sia una zona agricola i cui prodotti sono di buona qualità sia i
prodotti stessi, in particolare i vini. crucifige Latino:
crocifiggi. Così urlavano gli Ebrei a Pilato (Luca. 23, 21), perché abbandonasse ogni incertezza e mandasse a
morte Gesù. In senso figurato, le espressioni gridare al crucifige, volere
il crucifige, esprimono la spietata volontà di persecuzione contro
qualcuno. crumiro Così
è detto, spregiativamente, il lavoratore che non aderisce allo sciopero, o che
sostituisce gli scioperanti. Dal nome di una tribù berbera che viveva in una
zona di confine tra Tunisia e Algeria, compiendo razzie ed esercitando il
contrabbando, attività alle quali pose fine una spedizione militare francese
nel 1881. cum
grano salis Latino:
con un pizzico di sale. Si dice a proposito di notizia o di consiglio da
accogliere con riserva, non alla lettera ma alla luce del buon senso. Viene da
una frase della Storia naturale di
Plinio il Vecchio (Naturalis Historia,
XXIII, 77, 3): addito salis grano, “con
l’aggiunta di un granello di sale”. currenti
càlamo Latino: a penna corrente. Si dice di scritto buttato giù in fretta, di getto, senza soffermarsi a riflettere o a limare.
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