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Modi di dire: E
essere in (o fare la) luna di miele In
senso figurato, e spesso in tono scherzoso, si dice di un periodo
particolarmente felice nei rapporti tra due persone o gruppi. Che propriamente
è il primo mese di matrimonio, o quella parte di esso trascorsa dagli sposi in
viaggio. Era antico costume, sembra, che durante il fatidico mese i novelli
sposi bevessero una pozione a base di miele diluito. Si narra che Attila, re
degli Unni, morì soffocato per aver trangugiato troppo avidamente la portentosa
bevanda dopo un matrimonio particolarmente sospirato, nel 453 d.C. essere (o segnare) sul libro nero Essere
e, rispettivamente, considerare inviso, sospetto, nemico, da vigilare con cura e
da punire alla prima occasione. Era così chiamato il registro sul quale,
durante la Rivoluzione Francese, venivano annotati i nomi dei sospetti “nemici
del popolo”. essere
al settimo cielo Non stare più nella pelle dalla contentezza. Secondo
la concezione tolemaica, accettata ed elaborata dalla Chiesa fino al XVI secolo,
la Terra era centro dell’universo, circondata da nove (e poi dieci)
“cieli”, immaginarie sfere concentriche di grandezza sempre maggiore, lungo
le prime sette delle quali rotavano la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte,
Giove, Saturno. Nell’ottavo cielo stavano le stelle fisse (il
“firmamento”); il nono era il cielo di Dio. Il settimo cielo era il più
alto grado di elevazione. di avvicinamento alla gioia celeste, concepibile per
uomini in carne e ossa. essere come la betonica Usata specialmente in senso negativo, si riferisce a persona che si impiccia di tutto ed è sempre presente, che si intromette dappertutto, un ficcanaso. La betonica è una pianta erbacea della famiglia delle labiate, diffusa in tutta l'area mediterranea. Erano tante le virtù medicamentose che le si attribuivano tanto da utilizzarla in tutte le preparazioni di erboristeria.
essere
nel limbo Trovarsi, essere tenuti in uno stato di penosa
incertezza, o in disparte. Nel limbo, secondo la teologia cattolica, stanno le
anime non mondate dal peccato originale e che perciò non possono godere della
contemplazione di Dio. essere tra color che son sospesi Essere in attesa di qualcosa di importante come l'esito di una grande decisione, di un esame, di un verdetto oppure può indicare anche lo stato d'animo di chi è perplesso di fronte a importanti scelte da fare. L'espressione rimanda ad un verso della Divina Commedia (Inf. II, 52) che indica la condizione delle anime che stanno nel Limbo, le quali non soffrono pene fisiche ma vivono in uno stato di perpetua sospensione.
essere
una lenza Locuzione gergale di origine romanesca, usata per lo
più scherzosamente con riferimento a un furbacchione, uno che ci sa fare, che
la sa lunga. essere (o fare) la gatta morta Comportarsi
con indifferenza sorniona, fingersi ingenuo e distratto per non destare i
sospetti dell’avversario e giocarla d’astuzia. Come fanno i gatti in
agguato, che fingono di dormire ma che al momento buono balzano e ghermiscano
l’incauto uccellino che si è avvicinato troppa. Locuzione di significato
simile, nell’uso comune, ad acqua cheta. essere un (o fare il) ganimede Essere uno che si veste e si comporta in modo troppo ricercato. Il mitologico Ganimede, bellissimo giovane, fu rapito dall’aquila di Giove, o da Giove sotto forma di aquila, e fatto coppiere degli dei. La locuzione è sempre, più o meno, spregiativo.
essere una pezza da piedi Si dice di una persona di nessun conto, incapace ed arrogante, equivoca e pericolosa che non merita nessuna stima e poco rispetto. Le pezze da piedi erano delle strisce di tessuto con le quali si avvolgevano i piedi e la parte terminale della gamba e facevano la stessa funzione delle nostre attuali calze. Furono usate per lungo tempo dai militari e dalle classi elevate, poi — pian piano — divennero di impiego comune, fino a dopo la Prima Guerra Mondiale. essere
il gallo della Checca Essere benvoluto, ammirato,
conteso dalle donne, o credere di esserlo e comportarsi di conseguenza: vale a
dire un don giovanni nel primo caso, un molesta pappagallo della strada nel
secondo. Egli è il gallo della Checca, / tutte
vede, tutte becca, canta il dottor Dulcamara ne L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti. essere una frana Entrata
dal linguaggio giovanile in quello familiare secondo un processo di evoluzione
molto frequente, questa locuzione si usa a proposito di persona che non riesce a
combinare nulla di buono o di
avvenimento risoltosi in un fiasco clamoroso. Si dice, ironicamente, di un’organizzazione, militare o d’altro genere, che suscita compatimento e ilarità per la sua inefficienza. Tale era la fama, costruita attraverso decine di aneddoti, attribuita all’esercito di Francesco II di Borbone (1836-1894), soprannominato “Franceschiello”, ultimo re delle Due Sicilie prima dell’unificazione d’Italia. essere il figliol prodigo Significa
tornare, pentito, all’obbedienza verso un’autorità — familiare, politica,
religiosa —che si era rinnegata. Non sempre questo ritorno è salutato con
un’accoglienza festosa, a braccia aperte, come quella fatta al figliol prodigo
della parabola evangelica (Luca, 15,
11-32). Nell’accezione comune, il dato essenziale che contraddistingue la
figura del figliol prodigo è il pentimento. essere
un creso Essere
smisuratamente ricco, come Creso, re della Lidia, regione dell’Asia Minore,
che regnò dal 560 al 546 a.C. La sua fama proverbiale si deve ai Greci, stupiti
dei ricchissimi doni votivi che il re mandò al santuario di Delfi. essere
il mèntore Essere il saggio consigliere
di qualcuno, colui che ne tutela gli interessi, come lo fu il vecchio Mentore,
personaggio dell’Odissea omerica,
nei riguardi di Ulisse che, partendo per Troia, gli aveva affidato la sua casa e
la protezione del figlio Telèmaco. essere l’ottava meraviglia del mondo Si
dice di cosa, monumento, spettacolo o realizzazione tecnica, che sbalordisce per
bellezza o perfezione, tanto da poter essere paragonata alle “sette meraviglie
del mondo” della tradizione antica, che erano: le piramidi d’Egitto, la
tomba di Màusolo (il “mausoleo”) ad Alicarnasso, il tempio di Diana a
Efeso, i giardini pensili di Babilonia, la statua di Zeus a Olimpia, il colosso
di Rodi e il faro di Alessandria. Spesso la locuzione è usata in senso ironico,
a significare che l’ottava meraviglia è
tale solo per chi la decanta. essere
più tondo dell’ o di Giotto Antico detto toscano (ne parla
il Vasari nella Vita un di Giotto, là
dove narra di quando il maestro mandò al Papa, quale saggio della propria arte,
un semplice ma perfettissimo cerchio tracciato senza compasso, “che fu a
vederlo una maraviglia”), riferito alla persona ignorante e ottusa. Tondo,
insomma, già ai tempi di Giotto stava per “tonto” (“pigliandosi tondo
in Toscana”, prosegue il Vasari, “oltre alla figura circolare
perfetta, per tardità e grossezza d’ingegno”). essere
un cincinnato Rinunciare a onori e ricompense, alle quali si
avrebbe diritto per aver reso grandi servigi a una causa, alla patria, e
ritirarsi in modestia e semplicità a vita privata. L. Quinzio Cincinnato,
nominato dittatore nel 458 a.C. per salvare Roma dalla minaccia degli Equi,
assolse con successo il compito affidatogli e poi, evitando onori e cariche che
nessuno gli avrebbe negato, tornò a coltivare i propri campi. essere nell’ occhio del ciclone Si
chiama “occhio” del ciclone la zona centrale di esso, dove la pressione
atmosferica è più bassa. In senso figurato, il modo di dire indica una
situazione di grave pericolo ed equivale a trovarsi
nel folto della mischia e simili. Tanto per esser pignoli, bisogna tuttavia
ricordare che nell’occhio del ciclone vi è calma assoluta e cielo sereno,
mentre tutto intorno turbinano venti micidiali. essere un (o fare) il portoghese lntrufolarsi
senza pagare il biglietto tra il pubblico che assiste a uno spettacolo teatrale
o sportivo. Si racconta che nel XVIII secolo, per celebrare un avvenimento,
l’ambasciata del Portogallo a Roma offri uno spettacolo al teatro Argentina
per il quale non diramò biglietti d’invito, informando che sarebbe bastata
presentarsi al teatro dichiarandosi portoghesi. Del che approfittarono molti
buoni “Romani de Roma”. essere la cenerèntola Oltre
che alla fanciulla ingiustamente trascurata, come quella della nata fiaba di
Perrault e dei fratelli Grimm, la definizione si applica a cose, arti, Paesi
tenuti in scarsa considerazione è usato scherzosamente anche al maschile. essere
una santippe Essere una moglie bisbetica, insopportabile, quale
secondo la tradizione era Santippe, moglie di Socrate. essere un (o fare il) camaleonte Si
dice dell’opportunista, pronto a mutare bandiera e opinione secondo la
convenienza, soprattutto in politica. La pelle del piccolo rettile che ha questo
nome assume, entro certi limiti, il colore dell’ambiente circostante, ciò che
gli consente di mimetizzarsi. essere in bolletta Scherzosamente, essere squattrinati, al verde. Era
chiamata “bolletta” la polizza del Monte di Pietà, cioè la ricevuta
dell’oggetto dato in pegno contro il prestito di una piccola somma. E chi è
costretto a impegnare oggetti al Monte di Pietà non naviga certo nell’oro. essere sotto (o avere sul capo) una spada di Dàmocle Trovarsi sotto una minaccia costante e incombente che può da un momento all’altro diventare realtà. Dionigi il Vecchio, tiranno di Siracusa, per far capire a Damocle, il quale lo adulava invidiandogli potenza e ricchezza, quanto sia precaria la posizione del potente, lo fece sedere sul proprio trono, su cui aveva fatto sospendere una pesante spada trattenuta al soffitto da un esile crine di cavallo essere una banderuola Cioè
incostante, pronto a mutar parere e partito, come la piccola lastra girevole in
forma di bandiera, di gallo, eccetera, che si usava porre in cima ai tetti e ai
campanili per indicare la direzione del vento. essere male in arnese Esser
malvestito, in cattive condizioni economiche o di salute. Essere bene in arnese vuol
dire, naturalmente, il contrario. Un tempo, arnese significava armatura, e anche
indumento. Viene dall’antico francese harneis,
“armatura”, a sua volta derivato dallo scandinavo hernest, “equipaggiamento per l’esercito”. essere
un arpagone Cioè un avaraccio. Arpagone,
protagonista de L’avaro di Molière,
è forse il più celebre avaro di tutta la letteratura. Avaro e avido, smanioso
di arraffare. D’altronde, come nome comune, arpagone era il rostro con cui una
nave uncinava la nave nemica per l’arrembaggio. essere
senz’ arte nè parte O
non avere né arte né parte. Non
possedere alcuna preparazione, non conoscere alcun mestiere e perciò anche,
spesso, essere un fannullone che vive alla giornata. Probabilmente quell’arte
si riferisce alle corporazioni di mestiere medievali, che secondo i rispettivi
interessi prendevano parte, partito,
nella lotta politica. essere
l’Anfitrione Anfitrione è colui che offre
il pranzo e lo anima intrattenendo gli ospiti. Da dove il nome? Secondo il mito
greco, portato sulle scene da molti commediografi, da Plauto a Molière a
Giraudoux, Anfitrione è un eroe tebano, sposo di Alcmena. lnvaghitosi di
quest’ultima, Giove assume le sembianze del marito, mentre Mercurio prende
l’aspetto del servo di lui, Sòsia .
Al ritorno a casa dei due, si succedono gli equivoci: Sòsia è preso a
bastonate da Mercurio, Anfitrione reclama invano i suoi diritti, finché Giove
non svela l’arcano invitando tutti a un bel pranzo. Ospiti e servi sono
tuttavia sbalorditi, incerti sulle varie identità, ed è al povero Sòsia che
Molière mette in bocca la battuta: Le véritable
Amphytrion est l’Amphytrion où I’on dìne, “il vero Anfitrione è
quello dal quale si pranza”. Così il termine è entrato nell’uso. essere
la fabbrica del duomo Si dice di impresa che, per le
immani dimensioni o per l’inefficienza o pigrizia di chi vi pone mano, non è
mai finita. Allo stesso modo delle grandi cattedrali, che richiedono
ininterrotti lavori di restauro e di manutenzione. A Roma si usa l’analogo essere
la fabbrica di San Pietro. essere un’ acqua cheta Dal proverbio: L’acqua cheta rode i ponti. Si dice di una persona apparentemente
tranquilla irreprensibile, innocua, ma che sotto sotto persegue con costanza i
propri fini, da noi reputati dannosi; proprio come una lenta corrente d’acqua,
che si direbbe quasi senza movimento, ma che a poco a poco mina le fondamenta
dei ponti. La locuzione è stata “rilanciata” dalla commedia omonima (1908)
di Augusto Novelli. essere l’ ebreo errante Lo
si sente dire, quasi sempre in tono scherzoso, a proposito di chi si agita
continuamente, non riesce a star fermo in un posto, quasi che, perseguitato da
una maledizione, non possa mai trovare pace. Un’antichissima leggenda narra di
un ebreo che, per avere offeso Cristo sulla via del Calvario, fu condannato a
errare senza sosta fino alla fine del mondo, avendo solo cinque soldi in tasca.
La leggenda ha ispirato musicisti, poeti e romanzieri, tra cui Wordsworth e
Goethe. essere (o fare) un’ ecatombe Un
massacro, una strage; ed è detto sia seriamente, per esempio a proposito di una
battaglia, di una sciagura che miete molte vittime, sia scherzosamente, per
esempio a proposito di un esame, di un concorso che vede una strage di
candidati. Per gli antichi Greci, l’ecatombe era il sacrificio agli dei di
numerosi animali (letteralmente “cento buoi”). ecce ancilla Dòmini! Latino:
ecco l’ancella del Signore! Fu la risposta di Maria all’angelo che le
annunciava la immacolata concezione di Cristo (Luca,
1, 38). La si cita in segno di umiltà o a volte, con ironia, alludendo a
una donna sottomessa (magari solo in apparenza) ai voleri del consorte. ecce
homo! Latino:
ecco l’uomo! L’hanno ridotto un ecce
homo; Sembrava un ecce
homo, cioè in cattivo stato a furia
di percosse o per altre sofferenze.
Le parole, secondo la narrazione evangelica (Giovanni,
19, 5), furono dette da Pilato nel presentare alla folla impietosa Gesù
sanguinante, coronato di spine e vestito col manto di porpora per irridere alla
regalità terrena alla quale lo si accusava di aspirare. eden Il
paradiso terrestre, secondo la narrazione biblica (Genesi,
2, 8-15), e per traslato luogo o condizione piacevole. essere un eldorado Un
miraggio di ricchezza e di benessere, come il paese di Cuccagna
, di Bengodi , ecc. El
dorado (spagnolo: “il dorato”) era il nome di un supposto re
(periodicamente unto e cosparso di polvere d’oro) di Manoa, città
favolosamente ricca che avrebbe dovuto trovarsi sul Rio delle Amazzoni, invano
cercata da generazioni di esploratori spagnoli, portoghesi e inglesi, tra cui
sir Walter Raleigh. elementare,
Watson (pron.
“uòtscen”) Si
dice, spesso scherzosamente, commentando la spiegazione, magari tutt’altro che
elementare, di una faccenda oscura e complicata. La frase ricorre di frequente
nella serie di romanzi dell’inglese A. Conan Doyle dedicata alle inchieste del
principe dei detectives dilettanti,
Sherloek Holmes, che la rivolge al suo sbalordito assistente dottor Watson quale
preambolo alla spiegazione dei più intricati casi polizieschi. eminenza
grigia Si
dice di chi, senza parere, è il vero artefice, l’ispiratore segreto di
un’azione politica o d’altro genere. L’appellativo fu dato al cappuccino père
Joseph, Francois Leclerc du Tremblay (1577-1638), agente e fidato
consigliere di Richelìeu. L’espressione derivò dal colore del saio del frate
e dal titolo di eminenza che spetta ai cardinali. enfant
prodige (pron. “anfàn prodiz”) Francese:
fanciullo prodigio. E’ il bambino che mostra straordinarie attitudini per
un’arte o una scienza. enfant terrible (pron. “anfàn
teribl”) Francese:
bambino terribile. Indica il ragazzo — e non solo il ragazzo — che non dà
tregua agli adulti con le sue rnarachelle o che li mette in imbarazzo con
osservazioni e domande inopportune. Dal titolo — Les enfants terribles —di una serie di disegni umoristici del
Gavarni (Sulpice-Guillaume Chevalier), disegnatore francese del secolo XIX,
ripreso da Jean Cocteau per un suo racconto (1929). en passant (pron. ”an pasàn”) Francese:
passando. Lo stesso che “fra parentesi, incidentalmente, di sfuggita”,
riferito a cosa non avente stretta attinenza con la discussione in corso, e
venuta in mente lì per lì. en plein (pron. “an
plèn”) Francese:
in pieno. In espressioni come fare l’en
plein, un en plein, conseguire,
per fortuna o per abilità, un successo completo. Da certi giochi d’azzardo,
in particolare la roulette, ove
designa la vincita, meno probabile e perciò più remunerata, di chi ha puntato
sul numero sul quale si ferma la pallina. e
plùribus unum Latino:
da più, uno. Motto degli Stati Uniti d ‘America, con riferimento all’unione
federativa dei vari Stati membri. eppur si muove! La celebre frase, citata a volte per affermare, anche
caparbiamente, l’immutata fede nella validità di una tesi respinta dalla
maggioranza ottusa, sarebbe stata pronunciata, secondo la leggenda, da Galileo
Galilei il 22 giugno 1633, dopo che ebbe letto in ginocchio l’abiura alle
teorie eliocentriche da lui propugnate e giudicate eretiche dal Sant’Uffizio. equilibrio
del terrore Così
è designato l’equilibrio di forze tra le due massime potenze, U.S.A. e
U.R.S.S., venuto a crearsi con la parità dei rispettivi arsenali nucleari,
capaci di tali immani distruzioni da dissuadere e l’una e l’altra parte dal
farvi ricorso. equilibri
più avanzati Indirizzo
politico, di significato non molto chiaro alla maggioranza degli elettori
italiani, mirante a concretare un efficace concorso delle forze di sinistra —
anche di opposizione — alla formazione delle decisioni politiche generali. Ma
un equilibrio più avanzato, almeno in
fisica, non può essere che uno squilibrio. errare humanum est.. ..perseverare autem diabolicum, latino:
“sbagliare è umano, ma perseverare [nell’errore] è diabolico”. Massima
composita, la prima parte della quale risale a Seneca il Retore (padre del
filosofo L. Anneo Seneca) mentre la seconda, che la emenda e completa, è
attribuita a san Bernardo (Sermones 1, 11,
5). essere o non essere Inglese: to be or not
to be... “questo
è il problema”, prosegue Amleto all’inizio del famoso monologo (atto III, scena 1a) nell’omonima tragedia
shakespeariana, meditando sull’enigma dell’esistenza, e si sente spesso
ripetere a proposito di un problema sconcertante o, scherzosamente, quale
esortazione a “essere all’altezza”. est,
est, est Latino:
c’è, c’è, c’è. Nome di un celebre vino di Montefiascone alla cui
origine è una vecchia leggenda, protagonista un Fugger, vescovo tedesco amante
del buon vino che, venendo a Roma, si fece precedere da un domestico incaricato
di assaggiare il vino nelle osterie e di segnalare la presenza di quello buono
scrivendo sulla porta delle stesse, est, “c’è”.
Giunto a Montefiascone, il domestico vi trovò un moscato cosi squisito che si
senti in dovere di avvertirne con un triplice est
il padrone, il quale si inebriò di quel nettare fino a morirne. est modus in rebus Latino:
c’è una misura nelle cose. Massima oraziana (Satire,
1, 1, 106) esprimente l’ideale classico del limite, della misura, del
giusto mezzo, citata anche per esortare alla moderazione, per ricordare che
esistono limiti da non superare. ex
abrupto Latino:
all’improvviso. Si dice di un’osservazione brusca, inattesa, di un
discorso fatto senza preamboli, entrando subito nel vivo dell’argomento. ex aequo (pron. ‘eks èkuo”) Latino:
a pari merito, e dividendo in parti uguali l’eventuale premio. Si usa
specialmente a proposito di concorsi o di gare sportive. ex
càthedra Latino:
dalla cattedra. Espressione usata a proposito della infallibilità del
Papa quando parla in materia di fede ex
cathedra, cioè dalla cattedra di Pietro, e perciò assistito dallo Spirito
Santo. Per estensione, parlare ex cathedra è usato nel senso di “parlare in tono saccente”,
con ingiustificata alterigia e sussiego, con perentorietà che non ammette
discussione. ex
nihilo nihil (pron.
“eks nìilo niil”) Latino: dal nulla, nulla. Dal niente non viene niente; non si cava sangue da una rapa. È un celebre aforisma che riassume la filosofia materialistica di Lucrezio e di Epicuro, negatrice della creazione.
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