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Modi di dire: T
tener
banco Generalmente, nella conversazione: esserne
l’animatore, il protagonista. L’espressione deriva da certi giochi
d’azzardo, in cui chi “tiene banco” è il giocatore che distribuisce le
carte e in pratica gioca contro tutti gli altri, pagando le vincite a quelli che
realizzano un punteggio superiore al suo e incassando invece tutte le altre
puntate.
tenere il piede in due staffe Non prendere posizione tra due persone, o fazioni, o situazioni in conflitto tra loro. Deriva dal modo di viaggiare di un tempo quando si affrontavano i lunghi viaggi con due cavalcature in modo da montarle alternativamente evitando così di far stancare troppo gli animali.
tarpare
le ali Tagliare la punta delle penne
remiganti a un uccello per impedirgli di volare. In senso figurato, frustrare le
ambizioni, impedire a uno la piena e libera espressione delle sue capacità. tàbula rasa Latino:
tavola raschiata. I Romani scrivevano su tavolette spalmate di cera che, una
volta raschiati i segni precedentemente tracciativi, ridiventavano come fogli
bianchi, vergini. tanto gentile e tanto onesta pare... Il
primo verso di un famoso sonetto dantesco (Vita
nuova, 26, 15) dedicato a Beatrice. Con malizioso fraintendimento di quel pare,
lo si cita a volte per insinuare dubbi circa l’onorabilità di una donna.
terra di nessuno Quella
fascia di terreno che intercorre tra le prime linee di due eserciti
contrapposti, e per estensione un territorio sul quale nessuno Stato esercita la
propria sovranità. Si adopera anche figuratamente, e spesso suggerisce l’idea
del pericolo. Il termine (no
man’s land) fu coniato dagli Inglesi durante la Prima guerra mondiale.
tenere in scacco Contrastare
validamente un avversario (spesso considerato più forte) tenendolo in
condizione di pericolo, se non di inferiorità. Dare scacco matto:
infliggere il colpo decisivo, costringere alla resa. Nella terminologia
arabo-persiana del gioco degli scacchi, shah
mat, “scacco matto” significa “re morto”. testa d’uovo Definizione
spregiativa degli intellettuali, dei teorici che, persi nell’astrazione, non
vedono la concreta realtà. Uno degli elementi dell’immagine stereotipata
dell’intellettuale è la fronte molto alta (ritenuta segno di intelligenza
superiore) che fa assomigliare la testa a un uovo. L’espressione nacque in
America nel 1952 per ironizzare sul candidato presidenziale Adlai Stevenson,
accusato di astrattezza e calvo come un uovo, e sui suoi collaboratori. teste di cuoio La
fama di queste curiose teste si sparse in tutto il mondo nell’ottobre del
1977, allorché un nucleo di uomini delle forze di polizia della Germania
federale (definiti “teste di cuoio” per il tipo di elmetto-casco che
indossavano, e specialmente addestrati per operazioni antiterroristiche) liberò
con azione fulminea, nell’aeroporto di Mogadiscio, gli ostaggi tenuti
prigionieri su un aereo che era stato dirottato da terroristi. L’appellativo
passò a nuclei analoghi costituiti in altri Paesi, tra cui il nostro; ed è
entrato anche nel linguaggio familiare, con valore positivo, a definire persona
capace, efficiente, pronta nel decidere e decisa nell’agire. tornare con le pive nel sacco Si dice di chi, partito con sicurezza e fiducia, se ne torna senza aver ottenuto nulla di quanto desiderava; rimanere confusi, delusi e umiliati. Con l'espressione le pive si indicano generalmente strumenti musicali a fiato come pifferi, cornamuse, zampogne, corni e trombe. Nella vita militare si usava salutare le vittorie militari con alti squilli di tromba e altri strumenti (pive), mentre le sconfitte si incassavano in silenzio e con le trombe nei loro contenitori o zaini (sacchi). Altra spiegazione può ricercarsi nella consuetudine, diffusa in alcune Regioni di Italia, di passare a gruppi di casa in casa suonando e cantando e ricevere in dono cibarie e vestiario.
tour de
force (pron. “tùr
doe fòrs”) Francese,
letteralmente: giro di forza. Si dice di uno sforzo fisico o intellettuale
intenso, a carattere eccezionale. trànseat Latino:
passi, congiuntivo di “passare”. Lo stesso che: lasciamo perdere, passi pure, e sia, generalmente con sottinteso un per
questa volta, a proposito di una mancanza commessa da qualcuno nei nostri
riguardi e alla quale si accetta di passar sopra. tutto è perduto fuorché l’onore Francese: tout est perdu fors l’honneur. Con questa storica frase è tradizionalmente sintetizzata la missiva inviata da Francesco I re di Francia alla madre Luisa di Savoia la sera della disastrosa battaglia di Pavia (24 febbraio 1525) contro l’esercito dell’imperatore Carlo. tutto va nel migliore dei modi nel migliore dei
mondi possibili Questa frase che viene spesso citata ironicamente fu rimessa in voga dai romanzi dell’umorista inglese P. G. Wodehouse nei quali ricorre di frequente; in essa viene riassunta l’ottimistica tesi sostenuta nei Saggi di Teodicea (1710) dal filosofo tedesco Leibniz (1646-1716) per conciliare l’esistenza di Dio, sommo bene, con la realtà del male.
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