I contrasti, tra ciò che si agita nell’animo di Gertrude e ciò che le viene
detto di fare, si accavallano con una rapidità impressionante. I peccati, le
passioni e le responsabilità trovano sempre una valida attenuante, in quanto
ella è stata succube, e lo è tuttora, dell’egoismo e della violenza morale
altrui. Tuttavia l’autore, con impareggiabile finezza psicologica, dice che
Gertrude, rifacendosi alla religione, avrebbe potuto condurre una vita meno
agitata, avrebbe potuto mettere a tacere le sue passioni e gli istinti; ma
aggiunge che presso i signorotti la religione non è né sentita, né compresa
nella sua essenza.
Il
principe, dunque, ricevuta la lettera della figlia la fa venire da lui e si
dispone « a battere il ferro»,
mentre è caldo. Quando ella si trova al suo cospetto, con atto di umiltà
chiede perdono. Allora il principe, con inconsueta dolcezza ed usando tutta
l’abilità di cui è capace, risponde che il perdono non basta chiederlo,
bisogna meritarlo. E si dilunga a parlare del suo errore, asserendo che tale
errore è un ostacolo alla vita del secolo, che è « piena
di pericoli per lei...».
A
questo punto Gertrude pronunzia un sì! ma un sì da non interpretare come il
consenso a farsi monaca; però la malvagità del padre lo fa apparire come tale,
e quindi fuor di sé per la gioia, non parla più di colpa e di vergogna e
chiama la famiglia, a cui partecipa con esultanza la decisione della figlia. Ora
tutti sono gentili con lei e ne lodano il giudizio, mentre nel suo intimo
Gertrude è indispettita.
Il
giorno dopo si va a Monza, nello stesso convento in cui si trova adesso, ma
prima della partenza il principe, con modi affabili e minacciosi in pari tempo,
la istruisce molto bene, perché superi le prove che dovrà sostenere, e fa
presente anche di non parlare di imposizione, specie al cospetto del vicario. E
così la povera Gertrude, pensando che ritornare a casa significherebbe
riprendere una vita d’inferno e di terrore, senza averne volontà e vocazione,
è costretta a dire: « mi fo monaca di
mio genio, liberamente ».
Mentre
Gertrude è esaminata circa le sue intenzioni di farsi monaca, il padre è sulle
spine, è travagliato dal dubbio che la figlia, anche involontariamente, possa
tradirsi; ma quando l’esaminatore incontra il principe, si compiace con lui «
delle buone disposizioni in cui aveva trovata la sua figliola ».
Se
tale notizia è motivo di gioia per il principe, per Gertrude è un rammarico
incessante, è come precipitare nell’abisso. Ella deplora e commisera la sua
giovinezza e la sua bellezza, destinate a strugersi in un lento martirio. Con un
animo così tormentato, ella prova avversione e odio per tutti: la sua condotta
è molto strana: ora rigorosa e austera, ora spensierata e sconveniente.
Se
però Gertrude è costretta a rinunciare alle gioie del mondo, tuttavia nel
monastero gode di «distinzioni e privilegi », e fra questi, quello di potere abitare
un « quartiere » contiguo alla casa
di un certo Egidio, un giovane nefasto e scellerato. Tra i due si stabiliscono dei rapporti intimi, e ciò da la forza a
Gertrude di soffocare, ma non di spegnere, i suoi tormenti. Ella diventa
infatti, più tranquilla, quasi normale. Però tutto ciò ha breve durata;
presto ritorna ai soliti dispetti e ai soliti capricci: sente fortemente la
prigione claustrale.
Le
suore, comunque, ormai abituate, tollerano questo suo comportamento fluttuante,
attribuendolo al suo carattere bisbetico e leggero. Ma un giorno Gertrude,
venuta a diverbio con una conversa, e maltrattatala, questa fa qualche allusione
e aggiunge che un giorno parlerà. Da lì a poco la conversa non si è vista più:
si fanno allora delle ricerche ovunque, persino in Olanda, ma non se ne sa
niente. Eppure, bastava che si scavasse lì vicino, per trovarla.
Ora
Lucia e Gertrude, alla distanza di un anno di quanto è avvenuto, si trovano
l’una di fronte all’altra. La monaca, intrepida e disinvolta, la tempesta di
domande circa la persecuzione di don Rodrigo e la preferenza data a Renzo, e fa
trasalire, stupire ed arrossire la povera Lucia. La quale, quando è al cospetto
della madre, confida tutto; ma Agnese risponde che i signori « han
tutti un po’ del matto ».
Due
sentimenti religiosi quindi, quello di Lucia e quello della Gertrude, che
vanno su due binari opposti. L’una è ricca di pudore e di fervore morale,
l’altra è sfrontata, malvagia, corrotta, capace di commettere qualsiasi
azione indegna. Questo è uno dei motivi, per cui ci si deve preoccupare per
l’avvenire di Lucia, affidata alla protezione di Gertrude, anche se Agnese e
la figlia sono felici di aver trovato, dopo tante tribolazioni, un luogo
ospitale e al riparo da ogni inganno, secondo la loro convinzione.