Dopo
l’incontro con i bravi, don Abbondio la notte non riesce a riposare, è
assalito da incubi; nel letto si gira e rigira, ha sempre presente le minacce,
sa che l’indomani è un giorno di battaglia. Dopo tanto pensare, crede che la
soluzione più logica sia quella di temporeggiare; di indurre Renzo ad aver
pazienza, anche perché sa che da lì a poco inizia il tempo proibito per le
nozze, e quindi avrà due mesi a disposizione, durante i quali potranno
verificarsi cose nuove. E’ un monologo, quello di don Abbondio che mette in luce tutta la sua viltà e mediocrità.
Intanto Renzo, ignaro di quanto si sta tramando ai suoi danni, con tutto
l’ardore dei suoi vent’anni, felice di poter sposare la donna che ama
perdutamente, si presenta al curato. Ma l’accoglienza fredda e sospetta di don
Abbondio lo preoccupa; comunque, con quel rispetto e riverenza che si deve ad un
ministro di Dio, chiede l’ora in cui fa più comodo al curato di celebrare il
matrimonio. A questo punto don Abbondio accavalla pretesti, frasi sconnesse e
giustificazioni, contornati e complicati da parole latine che hanno il preciso
scopo di confondere le idee al povero giovane, e ottenerne un ritardo per la
celebrazione del matrimonio. Renzo si arrabbia, vuole delle spiegazioni, ma
infine, pur se poco convinto, accetta che il matrimonio si celebri fra una
settimana, e se ne va.
Ma
bastano alcune incaute parole di Perpetua, che incontra nell’orticello, perché
questa mandi in aria tutti gli sforzi persuasivi del curato. Il giovane arguisce
infatti che c’è qualcosa che non va, qualcosa d’ingarbugliato, di cui vuole
trovare il bandolo. Ritorna perciò in canonica e mette alle strette don
Abbondio, perché lo renda edotto del suo comportamento, a dir poco, ambiguo.
Don
Abbondio si rende conto che Renzo non se ne sarebbe andato da lì, se prima non
avesse conosciuta la verità; perciò, per sfuggirlo, cerca di guadagnare
l’uscita, ma Renzo, con mossa repentina, balza verso l’uscio, lo chiude e si
mette la chiave in tasca.
«
Voglio sapere » — dice Renzo — « chi
è quel potente che non vuole ch’io sposi Lucia».
Le sue parole assumono un atteggiamento di minaccia, che accompagnate da un
gesto involontario (la mano sul manico del coltello che gli esce dal taschino),
costringono don Abbondio a pronunciare il nome di don Rodrigo. Ed una volta
fatta tale confessione e preso coraggio, descrive a tinte fosche l’incontro
con i bravi del giorno precedente, e
accusa Renzo di averlo cacciato in un bel guaio.
Questi
intuisce il dramma di don Abbondio, prende la chiave dalla tasca, apre la porta
ed esasperato com’è, insensibile alle esortazioni di don Abbondio, senza
promettere prudenza e silenzio, si dirige verso la casa di Lucia, accavallando
nella stia mente propositi di vendetta contro il signorotto.
Intanto
don Abbondio, dopo un acceso dialogo con Perpetua, che accusa di leggerezza, per
aver fatto delle confidenze a Renzo; per la paura del giorno avanti, per la
notte insonne, per lo stato di ansietà in cui versa, e per le preoccupazioni
dell’avvenire, è assalito dalla febbre.
Renzo
è un giovane pacifico, non ama la violenza, ma per quanto ha fatto don Rodrigo,
balena nella sua mente, per un solo istante, il proposito di ucciderlo. Giunto
alla casa di Lucia, che già indossa l’abito nuziale e dal cui volto traspare
una soave luce di serenità, mentre è circondata da una piccola folla festante,
viene chiamata dalla piccola Bettina, mandata da Renzo.
«Lucia!
per oggi tutto è a monte » le
dice Renzo, quando gli è vicina; ed in breve, con l’animo amareggiato,
racconta del colloquio avuto con don Abbondio. Lucia, che ascolta con angoscia,
quando sente il nome di don Rodrigo esclama: « fino a questo segno! ». Questa espressione insospettisce Renzo, in quanto Lucia, che
conosceva le intenzioni di don Rodrigo, non gli aveva confidato nulla; ma subito
Lucia lo tranquillizza, dicendo che non gli aveva detto nulla per non turbarlo;
e va ad informare la madre, Agnese, che intanto si reca da Renzo.
Nel
frattempo Lucia, cercando di apparire il più normale possibile, ritorna dalle
donne per dir loro che « il signor curato è ammalato; e oggi non si fa nulla ».
Per costoro,
sospettose e pettegole, il racconto è poco convincente, per cui, sospinte da
una mai celata curiosità, vogliono accertarsi della veridicità del fatto;
perciò si recano a casa del curato, per chiederne notizie. Sono finalmente
placate e soddisfatte, quando Perpetua conferma che don Abbondio è veramente
colpito da una gran febbre.