Renzo, sfuggito alla sorveglianza degli
sbirri, si propone di uscire non solo da Milano, ma dal ducato, perché pensa
che, essendo il suo nome sui loro libracci, possano arrestarlo in qualunque
momento, e perciò spera di poter raggiungere il territorio di Bergamo, e
rifugiarsi dal cugino Bortolo, che l’aveva invitato tante volte. Per andarvi,
però, bisogna conoscere la strada; bisogna interrogare qualcuno, senza destare
sospetti. Per questo Renzo, dopo avere esaminato l’aspetto di molti, sceglie
una persona che andava in fretta, la quale esaudisce il suo desiderio.
Mentre
passa davanti al convento dei cappuccini, gli viene di pensare che se avesse
ascoltato il consiglio del frate portinaio, di attendere padre Bonaventura in
chiesa, non gli sarebbero capitati tutti quei guai grossi. Proseguendo il suo
cammino, arriva nei pressi di porta orientale, presidiata da «
un mucchio di gabellini, e, per rinforzo, anche dei michelotti spagnoli »; compone,
come meglio può, il suo aspetto di indifferente, ma il cuore gli batte forte,
e, come se andasse a spasso, esce.
Egli
cammina senza concedersi soste: sa di allontanarsi da Milano, ma non è certo «
d’andar verso Bergamo ». Ed infatti, dopo tanto cammino, egli si
allontanava da Milano, ma non si avvicinava di certo a Bergamo. Perciò, un
po’ stanco, e desideroso « di ristorar
le sue forze », si ferma brevemente in «
una casuccia solitaria, fuori d’un paesello ». Qui si rifocilla, e senza
destar sospetti, si fa indicare la via di Gorgonzola, dove giunge verso sera.
Alla prima osteria si ferma a chiedere «un
boccone, e una mezzetta di vino »; ma, che si faccia presto, soggiunge: «
perché ho bisogno di mettermi subito in istrada ». Dice questo il povero
Renzo, sia perché effettivamente aveva paura di fermarvisi a lungo, sia perché
l’oste, credendo che dovesse dormire lì, non gli chieda «
del nome e del cognome, e donde veniva, e per che negozio ».
Nell’osteria
si trovano i soliti oziosi clienti, che discutono dei fatti di Milano, avvenuti
il giorno prima, e vorrebbero avere notizie più recenti; perciò uno di loro si
presenta a Renzo, se per caso potesse ragguagliarlo; ma Renzo con grande abilità
elude le domande.
Non
era passato gran tempo, che giunge un mercante da Milano, un tipo ben noto, che
riferisce, esagerandole, le notizie desiderate.
Da
questo parolaio a buon mercato Renzo apprende che finalmente i disordini a
Milano sono stati repressi, e nella città regna la pace, come in un convento,
perché quattro ribelli, colpevoli di saccheggio, saranno presto fucilati.
Pensate — diceva il mercante — che quei facinorosi «
cominciavano già a prendere il vizio d’entrar nelle botteghe, e di servirsi,
senza mettere mano alla borsa ».
Ma Renzo ha
un sussulto quando il mercante racconta ai presenti, sempre più incuriositi,
che tra i rivoltosi vi era un forestiero, certamente uno dei capi, «uno
che non si sa bene ancora da che parte fosse venuto, da chi fosse mandato, né
che razza d’uomo si fosse,» arrestato dalla giustizia in una osteria, e
poi sfuggito, e non si sa se è a Milano o fuori città.
Renzo
intuisce dal discorso del mercante che è ricercato, quindi paga il conto e si
incammina in direzione opposta a quella dalla quale era venuto.
